La condizione della donna musulmana in Italia, un tema su cui riflettere con serietà

Valutazione attuale: 2 / 5

Stella attivaStella attivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

Secondo un'indagine del "PewReseach Center", effettuata nel 2017, in Italia ci sono circa 2.870.000 musulmani.
Una cifra abbastanza considerevole, soprattutto se osserviamo che, sempre secondo il P.R.C., essi corrispondono al 4,8 % dell'intera popolazione italiana. Le prevalenti nazioni di origine sono Tunisia, Egitto, Marocco, Pakistan e Bangladesh.

Moltissimi di loro hanno già la cittadinanza italiana, e la continua crescita della comunità musulmana nella nostra nazione ci porta, in maniera quasi obbligatoria, a doverci confrontare quotidianamente con la religione islamica.
È una necessità dettata dall'opportunità di dover costruire una sana convivenza civile con chi aderisce a questa confessione la quale, è bene ricordarlo, è una tra le più diffuse in assoluto.

Uno dei temi di strettissima attualità riguarda la figura della donna musulmana.
È indubbiamente un'intricata questione, che molto spesso ha generato forti polemiche e svariati dibattiti.

In particolare, l'argomento che tiene banco in continuazione è quello attinente al velo, visto in molti casi come una limitazione delle libertà personali della donna. Una restrizione che, secondo alcune ricostruzioni, sarebbe imposta dalla religione islamica stessa.

È bene premettere che l'usanza di coprirsi il capo non è strettamente legata all'Islam.
Nel cristianesimo, ad esempio, ne troviamo traccia nel codice canonico risalente al 1917, il quale obbligava le donne a utilizzare il "velo muliebre" in chiesa.
Anche alcuni gruppi legati all'ebraismo ortodosso impongono l'uso del niqab (il grande mantello nero che copre la donna dalla testa ai piedi).
Oltre a queste considerazioni è necessario sottolineare il fatto, non di poco conto, che non tutte le donne musulmane presenti in Italia sono obbligate a indossare il velo.
Moltissime donne di fede musulmana sono ben integrate nel sistema sociale italiano, e non subiscono alcuna coercizione da parte delle proprie famiglie nelle loro scelte. In particolare, tra le giovani ragazze frequentanti scuole e università, sono notevoli i casi in cui il velo non viene indossato. Nei casi in cui viene usato, invece, il sistema di velatura più diffuso nel nostro paese è il tradizionale hijab.
Si tratta di un sottile velo di stoffa che orna il capo, il collo e il petto, lasciando il viso scoperto e ben visibile.

Tutti gli esperti in materia sono ben consapevoli che l'hijab non solo è il sistema di velatura più diffuso nelle comunità islamiche, ma anche che differisce in modo capillare dal famigerato burqua, il quale copre interamente tutto il corpo femminile, occhi compresi.
Non è affatto un caso che sia usato in nazioni dove il fondamentalismo è dilagante ed intollerante al tempo stesso, come il Pakistan e l'Afghanistan.
Paesi come la Francia lo hanno completamente vietato, con la Corte europea dei diritti dell'uomo che ha sancito la validità di questo provvedimento, affermando che il divieto non viola affatto i principi di libertà di culto e delle libertà fondamentali dell'individuo.
Per questo motivo, quando parliamo delle donne musulmane e del velo, faremmo sempre bene a capire di cosa parliamo, tenendo ben presenti le varie differenze esistenti in materia.
E anche quando le pagine nazionali di cronaca nera raccontano fatti inerenti a ragazze fedeli all'Islam, come l’ uccisione della pakistana Sana Cheema, che da anni viveva in provincia di Brescia e che sarebbe stata uccisa dal padre e dal fratello perché voleva sposare un italiano (fatti sui cui oltretutto bisogna fare ancora estrema chiarezza), è bene ricordare che si tratta di episodi da analizzare singolarmente, depurando i giudizi dai pregiudizi.

Una comunità religiosa che, come abbiamo visto, conta in Italia più di 2.800.000 persone è certamente vasta, variegata e complessa. E anche composta da persone che da tempo sono ben integrate nella società civile italiana. È vero, vi sono stati in passato vicende di intolleranza e violenza contro le donne musulmane, ma non bisogna mai generalizzare nella valutazioni.

Fare, come purtroppo spesso accade, di tutta l'erba un fascio è un rischio costante in cui si può facilmente restare intrappolati.

- Nicola Lofoco (Da Huffingtonpost.it) -

  • Email: info@visionedonna.blog

Segui i nostri social

Il nostro team

Search

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più riguardo i cookie vai ai dettagli.